La cosmologia di Rosario Genovese

di Andrea Guastella

“Da quella stella all’altra / Si carcera la notte / In turbinante vuota dismisura, / / Da quella solitudine di stella / A quella solitudine di stella”. Risuonano ancora nella notte gli Ultimi Cori per la Terra Promessa di Ungaretti. Si fondono alle domande del pastore errante dell’Asia di Leopardi e ai pensieri di chiunque abbia rivolto verso il cielo uno sguardo carico di attese. La credenza che gli astri influenzino il destino appartiene a ogni civiltà moderna e antica. Perciò, sin dai tempi più remoti, l’uomo ha cercato di comprendere la struttura del creato, iniziando col descriverne l’aspetto. Se la visione dell’universo come un globo sulla cui superficie, rotante con moto regolare, si trovano le stelle, mentre al centro vi è la terra immota, si è impostadappertutto ed è tuttoraviva nel linguaggio, oggi la teoria più accreditataci dice di un universo che, nato da un’esplosione avvenuta miliardi di anni fa, sembra espandersi a ritmo regolare. Ciò nonostante,i fisici non hanno ideadi che cosa vi fosse prima del Big Bang; molti si rifiutano di speculare, dubitando ditrovare le informazioni necessarie;altri propongono modelli ciclici;altri ancoraipotizzano che il nostro sia solo uno dei mondi possibili, e che pertanto ne esistano in potenza mille altri. Non siamo insomma in una condizione molto diversa da quella dei babilonesi o degli egizi. Per nostra fortuna, sebbene da un punto di vista oggettivo sia molto difficile trovare risposte condivise, soggettivamente ciascuno è in grado di formarsi la sua cosmologia. Quella di Rosario Genovese è una cosmologia dipinta. Anziché limitarsi a inseguire le evoluzioni degli astri col telescopio portatile o su un sito di amatori, Rosario le ricrea nel suo laboratorio. È lui che, come il Padreterno di un antico codice miniato, dispone le stelle al posto giusto, nel cielo immateriale di unastanza o di un museo. Ho parlatodi cosmologia e non di cosmografia perché non è la precisione “scientifica” delle riproduzioni a rendere convincenti i suoi dipinti. Certo, a base delle opere ci sono informazioni derivate dai telescopi (o microscopi, visto che, almeno nei suoi scritti, l’artista passa senza timore dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo) più moderni, ma questi dati di per sé non garantisconouna perfetta riuscita del lavoro. Benché Rosario abbia un bisogno fortissimo di mettere ordine nelleproprieconvinzioni, a muoverlo è in primo luogo la forza dell’immaginazione. Cos’altro, se non una mente eccitata, avrebbe potuto concepire le figure mutanti che danzanosul volto delle stelle? Non a caso,gli studi preparatorici confermano come la vera singolarità di queste provesiauna progettazione continuache, dagli schizzi alle indagini folkloriche sulle leggende stellari, èparte integrante e non semplice premessa dell’atto creativo. Più che un prodotto finito, l’artista elabora unpercorso rituale: “L’opera”, spiega,“viene sottoposta ad una prima fase di registrazione dell’immagine che parte da una fascinazione iniziale. La stessa viene ripetuta sul secondo supporto gemello con caratteristiche similari, non uguali,ottenendo copia della prima. Questo ci porta al doppio binario visivo, che significa porsi davanti alla stessa opera doppiata quindi iniziare a intervenire alternando l’impatto emotivo tradotto in espressione pratica sui due supporti. L’intervento viene eseguito interagendo contestualmente in alternanza durante lo sviluppo dell’opera, creando un flusso energetico continuo di andata e ritorno sui due supporti. Ma l’aspetto più interessante nasce quando, iniziando a lavorare sul primo, nello stesso momento emozionale, si trasferisce la stessa immagine sul supporto gemellato per coglierne il flusso emotivo. Tornando nuovamente al primo supporto iniziale si rivive la nuova reinterpretazione del gesto emozionale. L’opera, così facendo, si sviluppa lavorando in alternanza continua fino al suo completamento. Infine questa verrà fruita nella sua totalità binaria”. I termini di questo processo sono, prevedibilmente, mutevolezza e divenire: Narciso non riconosce che in parte la sua immagine riflessa. Ma, a pensarci bene, qualora la riconoscesse del tutto, come potrebbe innamorarsene? Ora, è ancheaccompagnando la liturgia della pittura con ipnotici testi letterari cheRosarioriesce aevocare eventi complessi e in pieno svolgimento come le relazioni attrattive tra due stelle binarie. Così facendo,sembra però non accorgersi che,allignando le radici della sua creatività negli strati profondi del subconscio, gli stessi da cui nascono i miti e le fedi religiose, ostinarsi a seguirne passo a passo il cammino sotterraneo non può che condurre a una strada senza uscita. O meglio, a una strada con molteplici sbocchi. Quanto sappiamo delle sue stelle, come dell’universo in cui viviamo, è ciò che esse stesse, non il loro autore, sono disposte a rivelarci.Cioè tutto, tranne il loro mistero, tramato di distanze imperscrutabili e di lucente oscurità. Veri oggetti di culto, i suoi astri hanno piuttosto la capacità di destare spontaneamente la nostra dimensione spirituale, rimettendoci in contatto con lo spazio da cui proveniamo – non siamo forse polvere di stelle? – e a cui, presto o tardi,siamo chiamati a ritornare.

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